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Il risultato di questo approccio è una scrittura che intreccia in modo quasi indissolubile le parole dell’una e dell’altra, così che non lo si potrebbe definire un lavoro di critica letteraria, benché anche di questo si tratti e anzi sia condotto con raro rigore filologico. In effetti viene costruita poco a poco la biografia, esterna e intima, della scrittrice e ricostruita la sua poetica, ma anche la sua originalissima visione del mondo, una metafisica, appunto. Questo metodo, questo corpo a corpo con l’opera della Ortese non impedisce a Fiori di operare anche un distacco e di parlarne dal centro di sé studiosa e 'lettrice reale', il che “Significa essere un soggetto-donna che si fa interlocutrice del soggetto-donna scrittrice, nel contatto fra due cammini femminili d'anima.” Per questa
via giunge a definire Anna Maria Ortese “maestra di libertà interiore” e ad accostarla a Simone Weil, a
Etty
Hillesum (e alla ben più sconosciuta Zenta Màurina) motivando così la sua
scelta: Una motivazione che getta luce sulla loro produzione e sulla loro vicenda di vita, ma anche sui percorsi e sulle scelte di molte donne nella storia, così come sui meccanismi di costruzione della memoria collettiva e della tradizione che escludono il libero pensiero femminile e dimenticano le scrittrici che l’hanno coltivato. La lettura di questo denso libricino offre una gradevole, anche se non facile, navigazione nelle personalissime pagine della Ortese facendoci incontrare illuminanti osservazioni sull'amore o sulla guerra e perle di questo tipo: <<Tutta la vita l’ho passata a chiedermi: perché esiste la crudeltà? Il principio della crudeltà non è infatti tanto nella necessità di sopravvivere, quanto nel credere che questo sopravvivere sia tutto, e quindi decidere di rendere questo lampo (la vita individuale) il più piacevole possibile. Ciò comporta uno strappo e una lacerazione intensiva nel tessuto della vita che ci circonda. La crudeltà ha inizio qui. Ma alla base di questa crudeltà, a guardar bene, non c’è che una perdita di destino, un abbassamento di orizzonte.>> un dimenticare i legami tra creature di cui è costituita la vita.
La visione del mondo che Anna Maria Ortese
raggiunse contemplava una stretta connessione tra i destini di tutti e di
tutto. Da qui l’importanza della sensibilità alle manifestazioni della vita
e la centralità dell’espressione, che non è un moto individuale ma risponde
a una vera e propria esigenza morale.
Un’attività fortemente collegata
all’essere donna e per nulla facile perché se “tutto si esprime, cioè tutto
è vivente pensiero” occorre fare silenzio, calarsi nell’intensità e
guardare alla fragilità. Difficilmente rintracciabile proprio come la gentile e feconda concezione della vita che Anna Maria Ortese scrittrice di visione propone alla lettura di chi voglia seguire il percorso di ricerca a cui ci introduce Gabriella Fiori.
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Gabriella Fiori,
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